Una recente ordinanza della Corte di Cassazione italiana ha confermato una sentenza che limita il tempo di affidamento condiviso per un bambino di 16 mesi, ritenendo che una distribuzione paritaria del tempo tra i genitori separati non fosse adeguata alla sua giovane età. La decisione prevede visite limitate al padre, con un aumento dei pernottamenti solo al compimento dei tre anni del bambino.
Questa sentenza, tuttavia, sembra essere in contrasto con numerose ricerche scientifiche internazionali che sostengono i benefici dell’affidamento condiviso anche per i bambini molto piccoli.
Uno studio francese del 2013 ha evidenziato come il rischio di perdere il contatto con un genitore sia significativamente più basso (1%) quando viene stabilito un affidamento paritario fin dall’inizio, rispetto a un affidamento tradizionale (21%). La perdita di una figura genitoriale nei primi anni di vita è stata associata a potenziali danni cromosomici e a un maggior rischio di patologie future.
Il Consiglio d’Europa, basandosi sull’esperienza australiana e su pareri di esperti, ha rilevato che l’affidamento materialmente condiviso risulta vantaggioso per i bambini sopra i 4 anni e non presenta effetti negativi tra i 2 e i 4 anni.
Una meta-analisi coordinata dal prof. Richard Warshak, supportata da 110 ricercatori internazionali, ha esaminato 13 studi sull’affidamento condiviso per bambini sotto i quattro anni. Le conclusioni indicano che non ci sono evidenze per ritardare l’introduzione di un coinvolgimento frequente e regolare di entrambi i genitori, inclusi i pernottamenti, e che i piani genitoriali che equilibrano il tempo dei bambini tra le due case producono generalmente risultati positivi.
Una ricerca del 2016 condotta da William V. Fabricius e Go Woon Suh ha dimostrato che il pernottamento in forma paritaria per bambini sotto i 2 anni porta a migliori relazioni sia con il padre che con la madre, sia nel breve che nel lungo termine. Questi benefici si manifestano anche per i bambini sotto l’anno di età e sono indipendenti dal fatto che l’affidamento condiviso sia stato concordato o imposto dal giudice.
Uno studio governativo svedese, pubblicato su Acta Pediatrica, ha rilevato che i bambini in età prescolare (3-5 anni) in regime di affidamento materialmente condiviso mostrano meno sintomi di disturbo psicologico rispetto a quelli in affido esclusivo. Un’altra ricerca svedese non ha riscontrato differenze nei livelli dell’ormone dello stress tra bambini in affido alternato e quelli in affido a residenza prevalente.
È importante notare che in Svezia, dove oltre il 40% dei bambini vive tempi uguali con entrambi i genitori dopo la separazione, tutti gli studi hanno evidenziato solo risultati positivi per il benessere dei minori.
Contrariamente all’opinione comune che vede i bambini in affidamento condiviso come “pacchi postali”, gli esperti internazionali non considerano valida questa preoccupazione. Anzi, un’analisi dei trasferimenti annuali mostra che l’affidamento a settimane alterne comporta meno spostamenti rispetto al modello tradizionale di due weekend alternati con contatti infrasettimanali.
Per quanto riguarda il periodo successivo ai tre anni, la decisione della Cassazione di approvare sei notti al mese presso il padre (20% del tempo) è considerata internazionalmente come un “affidamento materialmente esclusivo”, ben al di sotto della soglia minima (33% dei pernottamenti) ritenuta necessaria per garantire il benessere del minore. Questa distribuzione asimmetrica del tempo è associata a una maggiore conflittualità tra i genitori e a un rischio più elevato di perdita del rapporto con un genitore nel tempo, con potenziali gravi conseguenze sulla salute del minore a lungo termine.
Uno studio condotto sotto l’egida delle Nazioni Unite in 36 paesi industrializzati, coinvolgendo quasi 200.000 minori tra i 12 e i 15 anni, ha dimostrato che i bambini che trascorrono tempi equiparabili con entrambi i genitori dopo la separazione presentano una migliore comunicazione con i genitori e un più alto livello di soddisfazione di vita.
In conclusione, la recente decisione della Corte di Cassazione italiana appare potenzialmente lesiva del diritto alla salute psico-fisica del minore, tutelato dalla Costituzione italiana (artt. 31 e 32). Questa sentenza sembra confermare l’esistenza di un divario significativo tra le evidenze scientifiche e la prassi giuridica italiana, in contrasto con l’approccio adottato in molti altri paesi.
La decisione solleva anche preoccupazioni riguardo all’impatto che tali orientamenti giurisprudenziali possono avere sulla natalità in Italia. Molti uomini, di fronte a decisioni che limitano drasticamente il loro ruolo genitoriale in caso di separazione, potrebbero sentirsi meno motivati ad avere figli, contribuendo così al fenomeno dell'”inverno demografico” che il paese sta affrontando.
Questa situazione richiede una riflessione approfondita sulla necessità di allineare le decisioni giudiziarie alle più recenti evidenze scientifiche in materia di affidamento dei minori, al fine di garantire il miglior interesse del bambino e preservare il suo diritto a mantenere relazioni significative con entrambi i genitori, anche in situazioni di separazione coniugale.